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CARLO ALBERTO DALLA CHIESA

“Guardare in viso i nostri figli e i figli dei nostri figli senza avere la sensazione di doverci rimproverare qualcosa…”

Generale Carlo Alberto dalla Chiesa

“Perché un giovane decide di diventare ufficiale dei carabinieri?” “Certamente perché crede, e perché ha bisogno di continuare a credere”

Intervista di Enzo Biagi al Generale Carlo Alberto dalla Chiesa il 7 Marzo 1981

“Mio Generale”: Comandante di tutti e di ognuno in particolare. “Restate uniti, non perdetevi mai” – diceva ai figli e ai suoi carabinieri.

I carabinieri per lui erano tutto: lo Stato, la nazione, gli italiani, i confini, la storia, la democrazia.

Andrea Galli, DALLA CHIESA, Storia del generale dei carabinieri che sconfisse il terrorismo e morì a Palermo ucciso dalla mafia, Mondadori, 2017

Famiglia

“Ho vissuto questa dimensione privata e intima all’interno di una vicenda pubblica che l’ha messa continuamente alla prova. E che a sua volta non si sarebbe svolta se non avesse avuto questo retroterra preziosissimo, capace di trasmetterle continuamente linfa e slancio. Una vicenda pubblica che per lunghi periodi si è strettamente intrecciata con la storia nazionale, in certi punti fino a esemplificarla. Così che parole, esempi, atti e scelte vissuti in privato si collocano, retrospettivamente, in contesti che appartengono e parlano a tutti. Venendone caricati di significati ulteriori.”

Nando dalla Chiesa, Album di famiglia, Einaudi, 2009

“Aver consegnato alla storia il suo vissuto professionale ne abbia in qualche modo messo in ombra la dimensione privata. Una dimensione bellissima e ricca di affetti, che era comunque il presupposto e la sostanza del suo profilo pubblico. Il suo essere uomo era strettamente intrecciato al suo essere carabiniere. La divisa era anche il suo abito “borghese”, perché per lui non c’erano due stili di comportamento, ma un unico modo di attraversare la vita a testa alta.”

Simona con Rita e Nando dalla Chiesa, Dalla Chiesa un papà con gli alamari, San Paolo, 2017

Memoria

“Il suo nome è ormai consegnato alla memoria popolare e ci commuove sapere che la sua vita, il suo impegno e il suo sacrificio continuano ad essere ricordati come esempio di dedizione al popolo italiano e di fedeltà a quei valori di giustizia, onestà, e rispetto istituzionale di cui tanto oggi si sente la mancanza. Fare memoria è un impegno civile da portare avanti con continuità – soprattutto nei confronti delle giovani generazioni – perché non si perda la consapevolezza della nostra storia; ma per noi figli questa memoria riconoscente dà anche un senso al dolore e al vuoto affettivo che da tanti anni ci accompagnano. Lui è ancora lì, e grazie a una targa il suo passato diventa la vita “dell’oggi” di una comunità, e vedrà in futuro nuove generazioni che nel loro vivere quotidiano, passeggiando in quelle strade o entrando in quelle scuole, avranno l’occasione di incontrare il suo nome e conoscerne la storia.”

Simona con Rita e Nando dalla Chiesa, Dalla Chiesa un papà con gli alamari, San Paolo, 2017

“Ho portato da Milano una rosa passatami in casa da D’Andrea per Emanuela. L’infilo tra la testa e la spalla del Cristo fissato sul coperchio. Mi volto verso Carlo Alberto: “Scusami,” dico “se non ne ho una anche per te, ma ai prefetti non si addicono i fiori”. Davanti agli eroi, penso, si può solo mettersi sull’attenti”. La luce di un faro illumina la rosa: è bianca orlata di rosso. Con il gambo verde a forma un tricolore, il suo tricolore.”

Ricordi, Emanuela, Antonia Setti Carraro